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Omelia di Mons. Fusco – 4 febbraio 2025, VII anniversario di ingresso a Sulmona

Non importa se sei il capo della sinagoga o se sei una povera donna ammalata: se non hai fede, sei spacciato, sei perso, non puoi aprirti alla grazia del Signore. Non importa quanti soldi e quanti beni abbiamo, senza fede nessuna ricchezza potrà mai salvarci, senza la fede non saremo capaci di contemplare le opere di Dio nella nostra vita.

Nel Vangelo di questa giornata troviamo due diverse persone che hanno in comune la fede in Gesù e si lasciano guarire da Lui: una donna con tanta fede, che sa che basta toccare il mantello di Gesù per essere guarita da tutte le sue malattie e il capo della sinagoga, Giairo. Egli con il potere e l’autorità che ha, davanti alla malattia della figlia, si rende conto che è tutto inutile, la sua ricchezza, il suo potere non sono motivo di salvezza. Solo la fede può salvarlo e può salvare sua figlia. È la fede che lo solleva e lo spinge ad andare incontro a Gesù.

Poi c’è lei, una povera donna sconosciuta, in una situazione disperata a causa di una malattia che la rende impura, che avanza furtiva per “rubare” una guarigione che crede ancora possibile. La sua fede è tanto grande che è convinta che anche solo il contatto con l’estremo lembo del mantello di Gesù sarà sufficiente per liberarla da una malattia che la imprigiona e la isola. Nel suo cuore sente di non essere degna dell’attenzione di Gesù, così, senza far rumore, si avvicina e, toccando il lembo del manto di Gesù, “strappa” la sua guarigione, che avverte immediatamente nel suo corpo.

Per il Signore Gesù non è sufficiente che sia avvenuta la guarigione fisica, è commosso da questa fede, al punto da voler guardare negli occhi la donna che lo ha toccato. Tra tanta gente, nota la povera donna che voleva avvicinarsi a Lui e si commuove davanti alla sua fede, come un padre che si commuove ogni volta che suo figlio lo chiama o va a trovarlo.

Avvertendo il desiderio di salvezza di questa sconosciuta, la cerca intensamente. Finalmente la trova in mezzo alla folla, sconvolta ed emozionata. Ma pronta a vivere un nuovo, inatteso incontro. «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va in pace e sii guarita del tuo male». Prima la donna era solo guarita, ora è pure salva. Siamo salvi quando smettiamo di tremare e incontriamo qualcuno davanti al quale possiamo essere finalmente noi stessi, in tutta la nostra verità, in quello che di noi abbiamo capito e in quello che di noi resta tenebra in attesa di luce. Finché non arriviamo a questo incontro personale la nostra fede non è davvero matura.

 Giairo è sicuro che Gesù può guarire sua figlia e Gesù gli chiede una fede ancora più grande. Come già Dio aveva fatto con Abramo nell’Antico Testamento, chiederà una fede contro ogni speranza, la fede delle cose impossibili. Comunicarono a Giairo la terribile notizia che la sua figliola era appena morta. Non possiamo immaginare il grande dolore che lo invase in quel momento e forse la tentazione della disperazione. E Gesù che l’aveva ascoltato, gli dice: «Non temere, soltanto abbi fede!» (Mc 5,36). E, come quegli antichi patriarchi, credendo contro ogni speranza, vide che Gesù restituiva la vita alla sua amata figlia.

 Ambedue, la donna e Giairo, sfidano il sentire comune e le posizioni all’interno di una società che li etichetta e ti dice ciò che devi fare e come devi essere. I medici che le hanno detto che non c’è più nulla da fare e la folla che cerca di tenere lontana la donna dichiarata impura dalla legge, i parenti di Giairo che gli dicono di non importunare più il maestro poiché la bambina è morta. La forza che li fa superare tutte le avversità è solo la fede. 

Vince la loro fiducia nel Dio della vita sfidando ogni messaggio di morte e di disperazione.  La fede è credere in un Dio che ci ama e ci usa misericordia, e vuole non il male ma sempre la salvezza dell’uomo. La fede che ha portato Giairo e la donna davanti a Gesù ha portato Gesù dentro la loro vita.

 La fede matura soprattutto quando si impara a confidare completamente in Gesù contro tutto e contro tutti, superando anche le avversità di coloro che ci vogliono allontanare da Gesù. Fede non come adesione a un contenuto dogmatico, ma come fiducia in una persona: Gesù.  La fede. Sì, la fede è la vera ricchezza che possiamo avere in questa vita. Solo se hai fede, sai che ogni soluzione è nel Signore.

La guarigione di due donne, una ammalata da 12 anni e l’altra di appena 12 anni, rimesse in piedi dalla misericordia del Signore Gesù ci mostra come la fede possa realmente introdurci in una comunione di vita piena e di risurrezione dai nostri fallimenti. Si tratta di non perdersi d’animo, di lasciar cadere a terra l’inutile e faticoso tentativo di farcela da soli. 

Papa Francesco ci ricorda che “Dio non ci tiene a distanza, Dio non si vergogna di noi, Dio non ci giudica; al contrario, Egli si avvicina per farsi toccare e per toccarci, e sempre ci rialza dalla morte. Sempre ci prende per mano per dirci: figlia, figlio, . . .  Dio è uno che ti prende per mano e ti rialza, uno che si lascia toccare dal tuo dolore e ti tocca per guarirti e ridonarti la vita.” (Angelus, 30 giugno 2024)

L’autore della lettera agli Ebrei invita tutti noi con queste parole: avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù”. In questo pomeriggio ci siamo messi in cammino, abbiamo attraversato la città di Sulmona per testimoniare la nostra fede in Gesù. Deponiamo quindi tutto ciò che non ci fa camminare e che è di intralcio per la nostra vita di fede e accogliamo l’invito non solo a camminare ma a correre come gli atleti allo stadio, con lo sguardo fisso su Gesù. Questo l’atteggiamento che vogliamo assumente in questo anno Giubilare. 

Stasera Gesù ripete a tutti noi, alla Chiesa di Sulmona – Valva: “Talitha qumi”, alzati in piedi, ci chiede di alzarci, di avere fede e di aprirci alla sua grazia e al suo amore. Oggi possiamo lasciare tutti i nostri mali e le nostre sofferenze nelle Sue mani e abbracciare la felicità che può essere raggiunta solo in Lui. Basta la fede.

Voglio concludere con queste parole

di Santa Caterina da Siena:

O abisso di carità! Qual cuore non si sentirà gonfio di commozione al vedere tanta altezza discesa a tanta bassezza . . .

Per questo amore ineffabile ti prego e ti sollecito a usare misericordia alle tue creature. Tu, abisso di carità,

pare che sii pazzo delle tue creature.

Chi ti muove a fare tanta misericordia? 

Soltanto l’Amore.



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