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CONVEGNO DIOCESANO: RIFLESSIONI SULLE NUOVE EMERGENZE EDUCATIVE

di Lucia Colalancia, Referente Diocesana Tutela Minori e adulti vulnerabili
 
Il Terzo Convegno Diocesano per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili sull’attualissimo tema delle nuove emergenze educative, realizzato in collaborazione e con il Patrocinio del Comune di Sulmona, ha rappresentato un importante momento di riflessione e di confronto fra partecipanti, istituzioni del territorio, rappresentanti della Scuola, politica e Forze dell’Ordine in quella che la Presidente del Servizio Nazionale Tutela Minori ed adulti vulnerabili della CEI, la dott.ssa Chiara Griffini, ha definito “un momento arricchente di espressione della generatività sociale”, di alleanza educativa di una comunità che insieme pensa e riflette sui bisogni dei bambini e dei giovani.
 
 
“Curare le ferite” degli abusi, della violenza dell’indifferenza, nella quarta Giornata di Preghiera per i sopravvissuti agli abusi dedicata al tema del “Ritessere fiducia”, significa, come ci ha ricordato Mons. Michele Fusco, nel discorso di apertura al convegno, che “siamo chiamati a essere dei veri e propri guaritori, a portare la luce nelle tenebre e la speranza nel cuore dei più fragili. Ognuno di noi, nel proprio ambito, ha un ruolo fondamentale da svolgere. Insieme possiamo creare una rete di protezione che avvolga i nostri giovani e li aiuti a crescere sani e felici”.
 
 
Relazione, rispetto e responsabilità: le parole della cura e della tutela sono state il cuore e l’anima della relazione della dott.ssa Chiara Griffini, che nel rispondere alla domanda se siamo in emergenza educativa o in crisi, ci ha accompagnato attraverso le sfide che gli adulti, accompagnatori ed educatori dei minori, si trovano ad affrontare in una contemporaneità così complessa.
Perché se siamo di fronte ad una catastrofe educativa, come l’ha definita Papa Francesco fin dal 2020, è altrettanto vero che chi si occupa di educazione (genitori, insegnanti, educatori, operatori del pubblico e del privato sociale), in particolare in ambito cattolico, non può prescindere dalla necessità di dare senso e significato a ciò che le giovani generazioni ci chiedono. In particolare che ci siano adulti credibili, capaci di accompagnare e di avere uno sguardo attento ai bisogni di crescita dei piccoli, che sappiano essere “artigiani dell’educare” nello stile e nell’affettività matura, cioè capaci di avere a cuore la responsabilità della cura che genera fiducia e speranza verso il domani. Le sfide della generatività, ci ha detto Chiara Griffini, attraversano gli aspetti centrali del movimento trasformativo che guida il processo di cura: dal dare la vita, al curare, al lasciar andare i propri figli nel mondo. Parafrasando Benedetto XVI, “l’educazione è la via per trasformare il mondo”, Chiara Griffini ci ha invitato ad avere uno sguardo aperto alla pedagogia e alla generatività trasformativa come frutto di una alleanza educativa che non può che essere il risultato di una impresa congiunta e comunitaria.
 
 
In sintonia con gli spunti di riflessione della dott.ssa Griffini, l’intervento della dott.ssa Roberta Romanelli, psicologa e psicoterapeuta del Centro Famiglia del Comune di Sulmona, che ha delineato gli aspetti salienti e le finalità del Programma P.I.P.P.I., adottato dal Comune di Sulmona, in qualità di ambito distrettuale, per rispondere ai bisogni dei bambini in stato di bisogno. Attraverso una attenta lettura della mission del programma P.I.P.P.I, la dott.ssa Romanelli ha definito l’importanza dell’accompagnamento della genitorialità vulnerabile come risposta al diritto dei bambini di crescere nella propria famiglia e di avere una rete di sostegno che li guidi e li accompagni nel tempo della crescita. Crescere nella propria famiglia, avere una rete interistituzionale che sostenga i bisogni di crescita, rappresentano gli elementi centrali di quel processo trasformativo che vede la partecipazione attiva di tutti gli attori della rete (genitori, educatori, operatori, insegnanti…), intesi come risorse fondamentali per spezzare il circolo dello svantaggio sociale.
 
Ma quali sono le criticità presenti nel nostro territorio che diventano ostacolo per la definizione di una alleanza in una comunità che possa veramente definirsi educativa? Quali proposte per superare tali ostacoli? A queste importantissime domande hanno provato a rispondere, in un dialogo sinergico con ile relatrici ed i partecipanti al convegno, il Capitano della stazione dei Carabinieri di Sulmona dei Carabinieri Toni di Giosia, il dott. Yari Ferrone, psicologo e psicoterapeuta, coordinatore e ideatore di progetti presso il Centro Giovani di Sulmona (Cooperativa “Nuovi Orizzonti Sociali”), il dott. Luca Di Marco, educatore professionale e collaboratore dei servizi educativi territoriali (Società Cooperativa Sociale “Horizon Service”), il Prof. Marco Cantelmi, docente di religione cattolica in servizio presso il Polo Umanistico Istituto di Istruzione Superiore “Ovidio” di Sulmona, nonché vice-preside del Liceo Classico, e la prof.ssa Adalgisa Cocco, docente di religione cattolica in servizio presso le scuole secondarie di primo grado “Capograssi” e “Ovidio” di Sulmona. 
 
Molti gli spunti di riflessione nel dialogo tra i partecipanti e il pubblico che hanno attivato quella generatività sociale che muove l’azione educativa.
Pensare insieme, mettere il cuore in ciò che facciamo e dare un contributo tangibile (testa, cuore e mani, come ci ha ricordato la prof.ssa Cocco), sono gli elementi strutturali di un’educazione che mira a “guardare e osservare” i giovani, a riconoscere i loro linguaggi, a stare nella relazione come “adulti credibili”. Il nostro territorio, pur essendo ancora lontano dalle pericolose periferie delle grandi città, ha in sé i rischi di un fallimento educativo: la mancanza di fondi per promuovere sostegni alla vulnerabilità sociale ed educativa, la scarsità di personale nei servizi dedicati alla tutela e alla prevenzione educativa, il rischio di “con-fondersi” nella notevole quantità di informazioni in una società ipertecnologica che non orienta al bene, l’omertà che ancora chiude le porte dell’aiuto, soprattutto in tema di abuso e di violenza, i segni di comportamenti devianti che non possono lasciarci indifferenti (abuso di alcol e di sostanze nei giovanissimi nella movida del sabato sera). Se da un lato promuovere momenti di dialogo e di partecipazione sociale animano dialogo e confronto, ci siamo trovati a dover definire velocemente le proposte trasformative: è sempre così? Siamo sempre più critici che propositivi? Vorrei pensare che non sia così, che il tema della prevenzione e della tutela dei minori possa rappresentare il cuore di ogni azione educativa, politica, economica, etica, perché i piccoli saranno gli adulti di domani e ciò che ci sfida oggi ci chiede di guardare quel domani con grande responsabilità etica. 
 
La sfida è quella di esserci, di non arrendersi di fronte alle difficoltà, di essere adulti credibili che possano testimoniare cosa significhi essere umani. In particolare essere umani, testimoni della luce e della speranza di una fede che fonda nell’Amore la sua certezza.
Come Referente Diocesana per la Tutela dei Minori e degli adulti vulnerabili, come madre e professionista, confido nella possibilità che questa sinergia interistituzionale, per il bene della nostra comunità, possa generare movimenti concreti trasformativi che abbiano a cuore il bene delle giovani generazioni. Un invito dunque a continuare a lavorare insieme, ad aprire spazi di cielo e di speranza, per una comunità “veramente” educante.
 
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